Nadia Kaluski è la destinataria di gran
parte delle lettere che sua sorella, Louise, scrive dalle prigioni
di Fresnes e dal campo di concentramento di Drancy prima di essere
deportata ad Auschwitz. Come sua madre, anch'essa arrestata, non
farà mai ritorno. Ma a differenza di tanti altri "cancellati",
Louise ha lasciato "tracce concrete e tangibili" di sé, del suo
carattere di diciassettenne che sa, eppure non può credere all'orrore
che sta vivendo. Un epistolario ricchissimo d'amore e di gioia
di vivere che Nadia, dopo 45 anni, decide e fa di tutto affinché
venga pubblicato in Francia, nel 1989. Lunedì, le lettere di Louise
Jacobson, Dal Liceo ad Auschwitz, saranno in edicola con L'Unità.
Signora Kaluski, perché ha aspettato
tanto prima di pubblicare le lettere di sua sorella?
E' stato lo stesso per i sopravvissuti: non hanno parlato per
45 anni. C'è voluto il processo Barbie, hanno chiamato dei testimoni
e finalmente sono riusciti a parlare. E'stato orribile, ciò che
avevamo vissuto era troppo mostruoso e si desiderava occultare
tutto ciò. Mio marito tornava dalla prigionia...
Suo marito è il Gilbert di cui parla
Louise?
Si, la nostra luna di miele è stata sei anni di separazione. Abbiamo
immediatamente avuto la nostra prima figlia e subito dopo la seconda.
Non potevamo immaginare di farle vivere in un'atmosfera da incubo.
Ho l'impressione che non ne parlavamo. Un fallimento totale: le
mie figlie sono perturbate da questa storia. Ho creduto di essere
stata discreta, non è vero.
Cosa l'ha decisa tirarle fuori?
Quando negli anni Settanta i revisionisti hanno cominciato a dire
che noi mentivamo, che erano storie, che non c'era stato l'Olocausto,
è stato insopportabile. Noi che l'avevamo vissuto eravamo ancora
là per testimoniare. Le lettere di mia sorella le rileggevo, di
tanto in tanto, le trovavo meravigliose. Quarantacinque anni dopo,
a causa dei revisionisti, mi dicevo: non è possibile che assassinino
nuovamente Louise e mia madre. Di mia sorella avevamo tracce concrete
che era esistita e non andata semplicemente in fumo. Almeno nel
suo liceo, visto che era stata deportata quando era liceale. Ho
preparato un dossier con le sue lettere. Ho scritto al preside
del liceo, e non ho ricevuto risposta. Qualche mese dopo ho ricominciato,
di nuovo nessuna risposta. Finalmente l'ho avvertito che mi sarei
recata a Parigi, da trentanni abito a Digione. Eravamo già negli
anni Ottanta, quando mi sono presentata al liceo, non posso certo
dire di essere stata ben ricevuta. Ho inviato lo stesso dossier
al ministro dell'Educazione nazionale all'epoca era Lionel Jospin,
al rettore dell'Accademia e a Serge Klarsfeld, il presidente dell'Associazione
figli e figlie dei deportati ebrei di Francia che ha fatto un
lavoro straordinario ed è grazie a lui che siamo al corrente di
tutto. E'stato lui a dirmi: "Una simile testimonianza è rarissima,
di tale qualità non ne esistono, e io la pubblico". Ed è così
che le lettere sono state pubblicate.
Sua madre non ha potuto scrivere?
Mia madre ha scritto, veniva dalla Russia non era andata a scuola,
sapeva comunque scrivere in russo ma non in francese.
Anche sua madre è finita ad Auschwitz?
Si, lì è scomparsa, non ne abbiamo saputo più nulla. Mia madre
è stata deportata molti mesi dopo Louise, non ha mai saputo che
Louise era partita. Era stata lei a scrivere nella sua ultima
lettera: è inutile dirlo alla mamma. A nostra madre davamo sempre
notizie molto belle di Louise e.. non era affatto facile.
Louise fu arrestata perché non portava
la stella ebraica?
E' una storia. La stella l'avevamo tutti, ma non la portavamo,
volevano che ce la mettissimo proprio per deportarci.
Quando sono state arrestate, lei non
era a Parigi?
No, ero a Lione. Voglio aggiungere qualcosa sull'arresto. Sono
venuti a casa due ispettori della polizia francese, inviati dalla
Gestapo, per arrestare me. Nel libro non c'è questa parte del
rapporto di polizia. Dunque vennero ad arrestarmi, non mi hanno
trovata e hanno arresto mia madre e Louise, dovevano assolutamente
prendere qualcuno.
Come è stato accolto il libro in Francia?
Non c'è stata una tiratura enorme, come qui da voi. Ma una giovane
coppia di attori fu colpita dagli attentati terroristi alla sinagoga
Copemic e dal dramma del cimitero di Carpentras. Entrambi non
sono ebrei e cercavano una base da cui partire, con molta sensibilità
e intelligenza l'hanno trovata nelle lettere di Louise. Lo spettacolo
è stato presentato per tre anni di seguito al festival di Avignone,
già più di 20mila persone lo hanno visto, ho ricevuto lettere
straordinarie, sconvolgenti. La mia piccola Louise non l'hanno
dimenticata questa volta.
Nel silenzio dei sopravvissuti, ha pesato
anche il senso di colpa?
Esattamente. Ascolti ho avuto notizie di Louise da Auschwitz,
perché Irma la sua grande amica che aveva conosciuto laggiù, era
ingegnere chimico ed è la sola donna tornata da Auschwitz di quel
convoglio. lo l'ho incontrata e lei mi ha raccontato: "Prima di
passare davanti alle SS che dicevano a sinistra, a destra, avevo
detto a Louise, quando ti chiederanno qual è il tuo mestiere,
rispondi che sei chimica". Ma la mia piccola Louise non sapeva
mentire e ha detto: "Studentessa". Ed è così che è andata a sinistra,
dritta alla camera a gas. In quell'incontro io ero orribilmente
imbarazzata e a disagio, perché non avevo vissuto ciò che aveva
vissuto Irma: l'inferno era laggiù e io non l'avevo attraversato;
dal canto suo Irma aveva vergogna perché era tornata e Louise
no. L'una di fronte all'altra eravamo infelici, non ci siamo riviste.
Mai più.
Sulla lapide che commemora le allieve
dei liceo deportate, non c'è scritto ebree. Cosa lo ha impedito?
Quando abbiamo fatto notare che non c'erano né le date, né il
motivo per cui erano state deportate, hanno risposto: "C'è scritto
Auschwitz, tutti sanno cos'è". Ci vuole ancora del tempo ma l'iscrizione
sarà corretta.
Non si vuole guardare in faccia la collaborazione
del governo di Vichy con le SS?
Si è dovuto attendere Chirac perché fosse detto ufficialmente.
Nessun presidente della Repubblica, nemmeno socialista, ne ha
mai parlato. E' stato Chirac, quando è diventato presidente, che
ha detto: è chiaro che il governo di Vichy si era sporcato le
mani con questi crimini. Il 17 luglio si commemora, a Parigi,
la grande retata del Velodromo d'Inverno, quando la polizia francese
catturò più di 13mila ebrei. In quell'occasione il rabbino che
è persona molto gentile, dice sempre: hanno perseguitato i miei
correligionari per la loro fede. Ora io mi ricordo che quando
andavo a ritirare la stella ebraica c'erano anche suore e preti,
ebrei convertiti. Non la fede, ma la nascita è stato il loro crimine.
Sua madre e sua sorella sono state anche
accusate di idee comuniste.
Si, a casa nostra mio padre e mio fratello leggevano L'Umanité
e anche mio marito nella sua giovinezza. Noi avevamo molti libri
di tendenza comunista, rnio fratello era partito con sua moglie,
mio marito era prigioniero, io facevo dei pacchetti e li buttavo
nella spazzatura. Ce n'erano molti, sono stata imprudente, non
ho gettato tutto, ne ho conservato una parte in cantina, qualcuno
deve avermi visto. Quando i poliziotti hanno fatto domande ai
vicini, qualcuno ha detto se avevano guardato in cantina, li hanno
trovati e siamo stati accusati di comunismo.
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