L'Aned
non ha ancora esaurito il suo compito: dobbiamo completare la storia
della deportazione
ITALO T11BALDI
- Adler Raffaelli è autore
di un libro, ormai noto fin dal '46, 'Fronte senza eroi", e ne lascia
una copia in omaggio. Nessuno chiede
più la parola, se mi permettete darei anch'io un modesto contributo
a questo congresso. Politica della memoria,
la memoria è conoscenza, la conoscenza è libertà:
diamo alla memoria un futuro. L'Aned ci sollecita su un tema che ognuno
svolge ogni giorno col proprio convincimento, ma che necessita in questo
cinquantennio di una verifica puntuale.
Dico subito che mi sarebbe facile, accogliendo totalmente le suggestioni,
le analisi, le approfondite
relazioni storiche e anche i contributi così culturalmente elevati
provenienti dalle esperienze dei diretti rappresentanti della deportazione
politica e razziale internazionale, sofferrnarmi e mantenere un riguardoso
silenzio. Ma la politica della memoria, intesa e vissuta più
intensamente dal superstite, dal familiare del caduto nel Lager, richiede,
impone alcune riflessioni in corrette direttrici di impegno, coerentemente
legate alla nostra matrice associativa, che non ci consentono né
di rinunciare, né di debordare dai caratteri e da-li scopi che
sono rappresentati dalla carta statutaria che regola la nostra volontaria
adesione all'Aned e che anche dopo 50 anni solo in parte abbiamo assolti.
Allora, se è così, verifichiamo
quali punti sono ancora in sospeso e quelli che richiedono il nostro
contributo alla causa della Resistenza nazionale ed europea, stabilendo
rapporti intensi e di amichevole collaborazi6ne con le associazioni
della Resistenza e della deportazione nazionali ed estere. Oggi abbiamo
incominciato a raccogliere un riconoscimento internazionale che ci viene
dato da tutti i comitati internazionali di quei campi che ci hanno "ospitato"
nel '43-'45. E' la nostra politica della memoria che oggi si erge a
confutare una politica non accettata dal mondo europeo, è una
piccola, una importante risposta ai pericolosi pruriti della destra.
Direi che la stessa relazione della segreteria
dà conto della fervente attività associativa dopo 50 anni.
Sono momenti che avendoli vissuti meglio ricordo e certamente costituiscono
un,ampia sicura e concreta attuazione della nostra politica della memoria,
direi legata al ricordo e forse un riaffermare il passato. E queste
e solo queste possono essere le basi per quella richiesta rifondazione
con la costituzione fin da subito di fondamenta di un'alternativa duratura
e seria all'Aned. Caro Dario, hai il
pregio di aver tentato una provocazione, che così non è,
anche se tu volessi chiamarla tale. Non è un inutile e visionario
atteggiamento; con la tua riconosciuta capacità professionale
hai abilmente tirato alcune corde di ragionevole preoccupazione, e di
questo ti sono personalmente grato. Vi sono delle puntuali verità
che dobbiamo saper leggere. Certo, le nostre forze si vanno assottigliando,
peri colosamente, di giorno in giorno, proprio mentre le esigenze si
moltiplicano. E
una diagnosi severa ma accettata. E questi vuoti non si colmano se non
con terapie sussidiarie, ma non più derogabili. La nostra storia
scopriamo che non esiste, che non esiste una ston a puntuale della Deportazione.
Ma così non è, abbiamo lavorato tutti in questa direzione.
Voglio ricordare Bruno Lazare, mi pare doveroso e corretto. Voglio ricordare
Teo Ducci, altrettanto. Voglio ricordare tutti, perché tutti
in qualche modo abbiamo fatto un pezzo di storia della Deportazione.
Eppure anche questo è, ed era,
un nostro statutario impegno. Certo, la storia è competenza degli
storici, ma noi superstiti e familiari siamo ancora una volta a testimoniare
quell'esperienza, per difendere - dicevo già ieri - la storia
dalla cattiva memoria, e abbiamo mediamente ormai superato i 73 anni,
allora si pone il problema del credere alla memoria, a chi crede ancora
alla nostra memoria. La proposta è di una Fondazione che soggettivamente
più libera e culturalmente più preparata svolga questo
compito. Fondazione scientifica per gli studi anche sulle nostre piccole
storie, che oggi sappiamo essere state cosi singolarmente complesse
e che costituiscono un mosaico variegato di tanta umanità e di
tante vite da ricollegare. Fondazione
nazionale capace di assolvere il gravoso compito di affiancarsi oggi
a tutta l'Aned, preparandosi a sostituirsi in
un futuro. L:'Aned non ha quindi esaurito il suo compito, perché
anche gli strumenti più tecnologicamente sviluppati non potranno
che trovare alimento, radicamento e rappresentare, forse in modo più
divulgativo, certamente o finalmente più storicizzato, il testamento
morale dei nostri compagni. Compagni caduti che intendiamo insieme perennemente
onorare. Potrei fermarmi qui, sarebbe
sufficiente. Vorrei puntualizzare ancora solo questo aspetto. Da tempo
abbiamo in cantiere questa proposta della storia della deportazione,
non l'abbiamo mai affrontata con quell'impegno con cui l'abbiamo affrontata
in questo congresso. Forse siamo arrivati molto tardi, forse tante storie
non potremo più raccoglierle. In questi 50 anni molti compagni
ci hanno lasciato, eppure è una proposta necessaria, ma è
una risposta a noi e a quanti vogliono la nostra storia. E abbiamo visto
come giovani e meno giovani vogliano conoscere la nostra storia, quella
sofferta deportazione. Anche l'Aned viene
da lontano, l'Aned ha un suo passato, l'Aned ha un suo attuale momento,
l'Aned avrà il suo futuro. Colgo
l'occasione per due comunicazioni che mi paiono doverose. Abbiamo da
un po' di giorni un attacco viscerale agli Istituti storici della Resistenza.
Noi crediamo che i punti di cultura vadano comunque difesi ad oltranza.
Gli Istituti storici hanno avuto e hanno obiettivamente un momento di
difficoltà; alcune sostituzioni a livelli di responsabili nazionali
hanno portato anche queste complicazioni. La Resistenza non è
mai abbastanza ricordata, ma non è mai abbastanza ricordata nell'attualità.
Sono caduti i miti, lo sappiamo, ma qui non sono più i miti,
qui sono le verità che finalmente, se ancora ce n'era bisogno,
emergono. Ed allora non permettiamo a questi inserti, a questi giornali
della destra che conosciamo di fare queste considerazioni. Quando diciamo
non permettiamo non vogliamo dire che non sappiamo che cosa significa
il confronto; noi siamo per il confronto, ma il confronto esasperato,
il non voler capire no, non lo possiamo permettere.
Tra l'altro in un inserto ho visto che si considera la deportazione
politica con un termine passivo, si parla di resistenza passiva; basterebbe
ricordare il termine sabotaggio costantemente usato dalle SS per sapere
che cosa significò la nostra resistenza passiva. E potrei essere
veramente polemico, è meglio che mi ferini.
Devo invece un'altra comunicazione che faccio perché mi pare
altrettanto importante ai fini anche di quello che è la vita
associativa. Come voi sapete io per decisione di altri sono a rappresentare
un po' voi tutti in quella che è la commissione per il vitalizio.
t un aspetto che non è marginale, perché è prima
una questione di principio e poi anche un piccolo contributo economico.
Ed allora io vi devo forse qualche notizia. Vi do una situazione statistica
al 16 gennaio '95 relativa alle fori-ne dei fascicoli che chiamerò
KZ per quelli diretti, che chiamerò lK per le indirette, intendo
dire per superstiti e per le reversibilità.
Premesso che il capitolo di spesa n. 6173 dell'anno '94 era di 24 miliardi,
il capitolo di spesa per le reversibilità era di 2 milioni e
mezzo, e noi dovremo ringraziare Boldrini per essere riuscito a passare
questa cifra importante. Fascicoli aperti 49.777, fascicoli definiti
49.372, fascicoli da definire 405. Come vedete siamo realmente alla
stretta finale. Decreti emessi 4.345, debberazioni emesse dalla Commissione
49.909. Fascicoli indirette: domande pervenute in un anno 1.037, e quindi
non erano le montagne che temeva il Tesoro, ma avevamo ragione noi quando
dicevamo sappiate fare i conti su queste cose, magari ci fossero tutti
quelli che avete individuato sulla Gaz-
zetta Ufficiale, purtroppo siamo solo
più una minoranza. A seguito della direttiva amministrativa che
era stata indicata successivamente, dirò che sono già
state trasmesse per la maggior parte alle direzioni provinciali del
Tesoro, che abbiamo suggerito come canale naturale per il problema di
tempi soprattutto, guai se la Commissione avesse dovuto riprendere ancora
tutte queste pratiche. Ormai basta chiedere ai familiari di rendere
conto della morte del proprio congiunto. Provvedimenti definiti sono
già 160, i fascicoli sono 877, e c'è qualche esame in
Commissione, 11. lo non ho preso lo spunto
soltanto per darvi dei numeri, mi sarebbe troppo facile, ma
perché credo che sia doveroso che noi
ringraziamo intanto i membri della Commissione che operano anche con
alcune difficoltà di interpretazione di questa normariva così
nuova, con del materiale internazionale talvolta difficilmente decifrabile,
perché abbiamo delle situazioni
con delle indicazioni molto difficili. Allora ringraziare le associazioni
consorefle che fanno parte della commissione, l'Anppia, l'Aneí
e la Comunità israelitica. Voglio anche ringraziare gli altri
membri della commissione, il ministero del Tesoro, della Giustizia e
dell'Interno. Ormai anche i ricorsi si possono fare finalmente in sede
regionale, e quindi evitate di scrivere alla Corte dei conti a Roma,
e voglio dire per ultimo che mi pare che ringraziando Monsù,
ringraziando Foa, e qualcosa per la collaborazione l'ho avuta dai compagni
di tutte le sezioni, e io credo di essermi utilmente adoperato, credo
sia giunto anche il momento di passare un po' la mano. Quindi io do
a disposizione naturalmente il mio mandato alla Presidenza perché
si pensi anche alla necessaria sostituzione. Grazie.
lo non avrei altri interventi, però siccome abbiamo delle procedure
un po' strette... Prego.
INTERVENTO - lo vorrei
dire una cosa che ritengo molto importante. Quando il 20 marzo del '44
noi siamo arrivati a Mauthausen, poi a Gusen, la cosa che ci ha fatto
molto male è che dagli altri internati del campo noi italiani
eravamo mal visti, perché ci odiavano. E avevano ragione di avercela
con noi, perché i francesi li abbiamo pugnalati alle spalle,
e tutte queste storie che non sto a elencare perché tutti le
sappiamo. Poi ci siamo spiegati e le cose sono andate a posto. Ma questo
è stato tutto a causa della politica di aggressione fascista
che ha fatto in quegli anni, e questo è molto importante ricordarlo,
perché quando io vado nelle scuole e racconto queste cose i ragazzi
lo vogliono sapere, e queste cose dobbiamo dirle perché oggi
siamo davanti ancora allo stesso pericolo, secondo il mio punto di vista.
Altra cosa che volevo dire, e mi rivolgo
particolarmente ai miei compagni di prigionia. Guardate, io a fatica,
perché non sono tanto capace di scrivere, mi sono scritto i miei
ricordi. t molto importante, perché i giovani li vogliono, sono
molto affamati di questi nostri racconti, ecco perché dobbiamo
essere molto vicini ai giovani, tirarli con noi. Adesso una giornalista,
mi ha aiutato. Il testo lo presenteremo tra qualche mese; ho l'appoggio
dei sindacati. Pensate che i sindacati
di Monza vogliono prendere questi miei ricordi e portarli nelle scuole.
Un compito molto importante. lo mi rivolgo ai miei compagni e dico
loro: scrivete, scrivete come siete capaci, ma scrivete, perché
questi nostri ricordi sono molto importanti, dobbiamo scriverli, scriviamo
come siamo capaci, perché poi i giovani li correggono, ma la
sostanza è quella. Per- ché
se anche siamo 200, 300 o 500 ognuno ha la nostra storia, non ci sono
due storie uguali, ognuno ha le sue cose da raccontare. Io non sono
un oratore, mi fermo qui, a questo appello che ho rivolto a tutti i
miei compagni.
ITALO TIBALDI
- Credo proprio che sia giunto il momento di restituire la parola al
presidente nazionale avv. Maris, perché bisogna arrivare alle
conclusioni di tutto questo dibattito.
|