Intervento di OSVALDO CORAZZA Bologna |
Tutti parliamo del bisogno di rinnovarci: l'unica via e quella di aprirci al contributo dei giovani OSVALDO CORAZZA
- Anch'io sono stato un po' assen
te, sempre per la storia della Commissione elettorale, speriamo di aver
lavorato bene, e poi Segre vi racconterà la soluzione che abbiamo
preso. lo ci tenevo a dire qualcosa
su questa questione degli amici, anche perché mi sa che guardando
le cose nella nostra prospettiva, perché tutti ci richiamiamo
alla necessità di rinnovarci, cambiarci, di portarci più
avanti, fa fare riflessioni a noi che una organizzazione aperta agli
an-úci l'abbiamo già ormai da circa 15-16 anni, e comporta
però una apertura completa e totale in questo senso. Delle varie
città ci chiedono come facciamo, che rapporto creiamo noi con
gli amici, coloro che aderiscono alla nostra associazione come amici.
Gli diamo una tesserina che pocanzi vi diceva Italo e che quest'anno
abbiamo dedicato alle donne di RavensbrUck con la rosa di Ravensbrúck.
La rosa di Ravensbrúck è una rosa che è stata prodotta
da un fioraio francese e l'ha immessa in un triangolo rosa all'interno
del monumento francese a Ravensbrúck. L'abbiamo, fotografata,
l'abbiamo ripetuta e l'ab~ biamo messa in questa tesserina che abbiamo
mandato non con l'intento di farne un commercio, a tutte le sezioni
consorelle. Il problema è questo,
che i nostri soci pagano 10.000 lire la tessera, come la paghiamo noi
ex deportati, hanno tutti i diritti che hanno gli ex deportati nella
associazione, nell'ambito di una libera dialettica all'intemo del nostro
Consiglio. lo non ricordo, abbiamo fatto un congresso sabato scorso,
non ricordo bene se sono più gli ex deportati e familiari o se
sono più gli amici nel Consiglio. E a tutti coloro cui dico questa
cosa subito gli viene in mente una preoccupazione: corrispondiamo allo
statuto? E se nascono dei problemi? Alcuni
hanno paura di deviazioni politiche, di scelte estranee alla deportazione
ecc.. Noi non pensiamo a queste cose; noi pensiamo di avere un rapporto
libero e aperto con tutti coloro che ci sono, perché poi in fondo
cosi è la società, così è la società
che vogliamo creare domani, un mondo pieno di gente con opinioni diverse,
magari contrastanti e con tutti i loro crismi. Noi abbiamo un Consiglio
provinciale che è fatto così. U amico che è nel
Consiglio la sua ragione è come la mia che sono un ex deportato.
Lo capiamo: non possiamo fare lo stesso nel Consiglio nazionale per
effetto dello statuto che abbiamo. Lo diceva anche Castellani, che proponeva
la possibilità della introduzione dei -giovani. Però bisogna
dare un ricambio a tutto lo statuto.
Quindi non lo abbiamo imposto. Noi nel
Consiglio nazionale non proponiamo un amico o altri, perché sappiamo
che non potrebbe essere accolto. Però nell'ambito della nostra
organizzazione questi hanno tutti gli stessi nostri diritti.
Abbiamo dei ragazzi, dei giovani che non hanno
18 anni, ce ne sono anche di 35-40 anni, ma per me sono ancora giovani,
che accompagnano anche i pullman a visitare i campi di concentramento,
parlano della deportazione con capacità e sapienza, quasi come
se ci fossero stati. Sanno parlare ai ragazzi con molta più spigliatezza
di quanto non potrei fare io. C'è qualcuno che ha paura che gli
scappino le redini dalle mani. Ma chi potrebbe venire a portare via
i titoli che ha un Consiglio della deportazione? Chi ci può portar
via le redini della conduzione politica o culturale che può avere
una associazione come l'Aned? Chi può anche strumentalmente inserirsi
per creare problemi? Se voi avete la capacità di riuscire a dimostrare,
noi queste remore non le abbiamo. E per questo in questi anni siamo
riusciti a creare questa organizzazione. Un migliaio di amici,più
270 amici docenti, e più i nostri familiari di ex deportati.
E una associazione che raccoglie o,giri anno una decina di milioni solo
per le iscrizioni, perché abbiamo chi ci dà 10.000, ma
abbiamo chi ci dà 50.000, non abbiamo limiti, l'unico è
quello di pagare 10.000 che pagano tutti.
Detto questo, nel quadro delle cose che si sono dette in quest'ultimo
periodo, la necessità del ricambio e di una avvedutezza più
avanzata, il crearsi una prospettiva che ci dia modo di aprirci a nuove
iniziative e più consistenti, a dei livelli più elevati
che non siano solo i circoli, che non sia solo la scuola, ma che entri
nell'università, negli uomini di cultura, perché è
lì che noi dobbiamo incidere, perché non è vero
che ì professori sanno tutto. Purtroppo sanno poco. Secondo me
noi dobbiamo riuscire a creare - forse con il Consiglio nuovo, forse
con i suggerimenti che sono venuti in questo ultimo congresso - nell'ambito
del Consiglio nazionale dei raggruppamenti che - Statuto o no - possano
partecipare alla elaborazione politica e organizzativa della nostra
attività, soprattutto della nostra politica culturale. Cosa che
difficilmente saremo noi a poter fare. Nel nostro Consiglio nazionale
non c'è nessun ex deportato della nostra sezione che abbia più
di qualcosa della media. Non abbiamo un maestro, non abbiamo dei professori,
ecc. Ce n'erano, ma quelli sono rimasti ai campi. E quindi dobbiamo
provare a creare le condizioni per fare un passo avanti.
Abbiamo inserito per esempio quattro docenti bravi che hanno dato la
loro disponibilità a venire ai nostri incontri del Consiglio
per darci il loro contributo spassionatamente. t essenziale che noi
creiamo dei gruppi, delle équipes che. si pongono con calma ma
con serietà alla ricerca per trovare i motivi conduttori che
ci portino a coloro che lavorano nella cultura, che inventano la cultura
perfino, perché nella cultura possano entrare la nostra spiritualità
e le nostre idee. Una cosa che mi rammarica
è questa. Riusciremo a riavviare quelle sezioni che non hanno
mai lavorato attome? alla organizzazione degli amici? lo penso che sia
ormai troppo tardi, chi non l'ha fatto fino adesso, difficilmente ci
riuscirà. Qualcuno può iniziare, però un'organizzazione
di amici consistente, di massa, è una cosa che secondo me è
difficile che possano riuscire a farla, perché ci vogliono degli
anni davanti, perché è una ruota che gira molto adagio,
però l'importante è che giri.
E chi vuole tentare io credo che può e deve perché se
non raggiunge grandissimi risultati qualcosa ottiene sempre.
Se ne potrebbero dire tante delle cose. lo l'unica
fiducia che ho è che davvero abbia una motivazione di durata,
di prospettiva è la creazione di questa Fondazione. Nel congresso
precedente avevamo già posto le basi per una Fondazione dell'Aned,
ora nasce e vorrei che voi mi capiste, che non la prendeste come vanto
di chi vuole mettere all'apice la Regione Emilia. Non è una questione
di campanile. In Emilia, all'insaputa dell'Aned di Bologna hanno costituito
questa specie di statuto per una Fondazione
di studio e, di ricerca sulla deportazione politico-razziale,
la deportazione dei popoli. Noi abbiamo già dato l'adesione,
e c'è il Comune di Carpi e l'Istituto storico di Modena. Però
non deve stare così, non può stare così. Questo
statuto è stato approvato dalla Regione, ma per diventare una
cosa grande e ufficiale deve raccogliere l'adesione di tutte le Regioni,
almeno di quelle Regioni che la deportazione l'hanno subita. Ed è
un'opera questa che si deve fare, non so se Venegoni quando parla della
federazione delle Regioni è come la intendo io, ma io credo che
debba diventare così. Anzi, prima di dire l'Emilia ha fatto,
diciamo: vogliamo che nell'alta Italia, nelle Regioni che sono più
legate a questo spirito ci si muova in questa direzione. Secondo me
si deve avere questa prospettiva, perché la Fondazione fatta
su queste basi può avere delle sostanze materiali (i soldi),
ma anche perché così si coinvolgeranno delle istituzioni
che debbono fare cultura, debbono fare studio e debbono fare ricerca.
In secondo luogo, attorno a queste istituzioni girano molte teste che
sanno, e quindi possono dare quella prospettiva che noi vorremmo dare
al nostro pensiero, al nostro ideale. Quell'ideale che ancora finché
siamo qui, porteremo sempre avanti. Grazie.
FINE LAVORI 10 MARZO 1995 |