L'insegnamento di Saba

"Primavera sarà senza rancori "

 

La preziosa attività alla redazione della rivista dell'amministrazione comunale. Nelle sue poesie i sentimenti taciuti per tanti anni

Il 17 novembre scorso a Villa Zorn a Sesto San Giovanni, per iniziativa dell'Aned, dell'Aripi e dei circolo Coop Anpi è stata ricordata la figura dei nostro Abele Saba, a due anni dalla scomparsa. La figura di Saba, per tanti anni segretario nazionale della nostra associazione, è stata ricordata dal presidente nazionale dell'Aned Gianfranco Maris. L'attrice Itala Cosmo ha recitato alcune poesie del nostro compagno scomparso.

 

 

Il nostro compagno ricordato a Sesto San Giovanni a due anni dalla morte

Abele Saba, al centro, insieme alla delegazione dell'Aned e della Fndirp

ricevute in Comune a Milano il 24 settembre 1977

 

L'attuale temperie politica è caratterizzata da segnali confusi, da messaggi che giungono da più parti, che non ricevono ascolto. li momento è tremendamente serio: è difficile intendersi. Quel che succede in Italia e nel mondo parrebbe giustificare un verso pessimista di Abele Saba: "A nuova morte il mondo si prepara". Eppure il ricordo d'un vecchio amico come Saba, a due anni dalla sua scomparsa, mi ispira un sentimento di fiducia in un avvenire meno sofferente per l'umanità. Bisogna essere grati ai compagni e amici dell'ANED e dell'ANPI di Sesto San Giovanni, che hanno organizzato una serata per parlare di Saba, per leggere le sue poesie, raccolte dalla sua fedele Sandra in un libricino dal titolo, per me emblematico, "Gesto di rivolta".

In queste poesie si possono scoprire, di Abele, i sentimenti taciuti, i segni inconfondibili d'una intelligenza umiliata forse più dagli uomini che dagli eventi. Di Saba, la sera del 17 novembre, sono state giustamente ricordati da Gianfranco Maris l'impegno profuso per l'ANED, i suoi molteplici interessi artistici e culturali, la sua milizia politica, l'attività organizzativa nelle brigate partigiane, l'arresto da parte delle SS e la deportazione in Germania. Abele Saba visse abbastanza a lungo per attraversare da attore e testimone molte delle vicende storiche di questo secolo.

Non amava il clamore, era restio a mostrarsi. Ascoltava molto e parlava poco. Imparai a conoscerlo sedendogli accanto, lavorando e conversando con lui. A Sesto San Giovanni la sua presenza non fu passeggera. L'Amministrazione di sinistra gli aveva affidato l'incarico di realizzare e di dirigere la rivista comunale la cui testata era "La città di Sesto San Giovanni". La rivista fu pubblicata dal marzo del 1963 fino al dicembre del 1967. Si voleva aprire una finestra sull'Italia, vista da una città che fu il quinto centro industriale del Paese, oggi ancora viva politicamente, ma ferita per la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro a causa della chiusura di molte delle sue fabbriche storiche.

La rivista, con il contributo di affermati specialisti, si sarebbe occupata in modo aperto delle grandi questioni economiche, sociali e culturali che interessano il mondo della politica, ma anche quello della produzione. Ciò in un periodo nel quale il flusso irrimigratorio dal Sud del Paese procedeva in modo incessante per le opportunità di lavoro offerte dalle fabbriche, ma che esigeva dagli amministratori pubblici locali lungimiranza e capacità di programmare lo sviluppo della città senza attendersi né risorse né linee guida dal potere centrale.

Quando la rivista fu costretta a cessare la pubblicazione e fu sostituita da un modesto notiziario, Saba continuò a dare la sua preziosa collaborazione nonostante la sua professionalità meritasse ben altro impegno. Eppure quelli furono anni in cui Sesto San Giovanni, città operaìa e antifascista per antonomasia, delineò il proprio sviluppo e riuscì a costruire una rete di servizi sociali additati a modello nel resto del Paese. Nel 1967 la città ospitò il Quinto Congresso nazionale degli ex-deportati politici e Piero Caleffi così scrisse sulla rivista diretta da Saba: Un giorni ormai consacrati in un passato di memorie e di ricordi, qui molti operai venivano deportati nei cam~ pi di stermìnio. Qui, oggi, i figli di quegli uomini, i superstiti, hanno saputo creare un presente che è fatto di lavoro e di operosità, di coscienza civile che sorregge ed aìuta lo sviluppo delle industrie".

L'apporto di Saba a tale sviluppo non è misurabile, ma certamente è riconoscibile sfogliando le pagine patinate della rivista comunale di quegli anni, nella sapiente divulgazione della memoria storica del contributo dato dalla classe operaia sestese alla difesa della Patria e della sua economia durante la Resistenza e la lotta di Liberazione; è riconoscibile, altresì, nella promozione di tante iniziative culturali che hanno caratterizzato Sesto San Giovanni per decenni. Nella sua attività Saba mostrava una superiore inoralità proprio mentre affiorava il suo naturale pudore. Di rado parlava di se stesso, ancorché sollecitato a farlo. La sua discrezione era pari alla sua autoironia. Le sofferenze patite, le umiliazioni subite, non solo quelle nelle carceri fasciste e durante la deportazione, ma quelle derivanti dal suo modo di partecipare alla politica e dal suo lavoro professionale, spesso sottovalutato, privo di gratificazioni economiche e dì riconoscimenti, mai lo indussero ad atti di reazione.

Egli scrisse, forse non casualmente: "Nessuno ti racconta per pudore le speranze perdute e le ferite sofferte a denti stretti ..." Saba ebbe, forte, il senso della dignità e del decoro. Anche del decoro esteriore: uno stile di vita che gli permise di meritare la frequentazione e la stima di personalità della cultura nostrana, in campo artistico e letterario. La vita di Abele Saba, che pure fu attraversata da caldi affetti, si ritrova anche in questi amari versi: "Ogni notte torniamo/ alla nostra palude/ contempliamo ricordi/ mormoriamo preghiere/ per quest'ultima pena./ Riviviamo i dolori/ in silenzio, seduti con lo sguardo perduto/ nell'orizzonte di nebbia:/ la malaria nell'ossa./ Nella nostra palude/ evochiamo fantasmi/ e parliamo alle canne/ con la voce dei morti./ è passata una vita/ nella nostra palude".

Quelli che conobbero Abele Saba, uomo di cultura, pittore e poeta, quelli che lo ricordano con amore, o soltanto con la gratitudine per avere appreso da lui qualcosa di utile per meglio stare e operare in mezzo alle tribolazioni della politica e della società, devono osare e sperare. Perché, infine, "Passeranno col tempo i mali antichi/ primavera sarà senza rancori".

Gaspare Grassa