Lettere

Un sopravvissuto al Lager polernizza con un articolo del nostro giornale

Com'era davvero il campo di Melk ?

Egregio avvocato Maris,
Le scrive Enno Mucchiutti di Trieste, triangolo rosso, mesi passati nei campi di sterminio nazisti: 11; campi passati: Dachau, Mauthausen, Melk, Ebensee. Leggo sul Triangolo Rosso (datato aprile '94) a pagina 23 un articolo che parla di un opuscolo tradotto in italiano (autore B Perz) per ricordare i morti e onorare i sopravvissuti di Melk. lo non so chi sia questo autore, ma affermare che a Melk sono deceduti solo 311 italiani è una menzogna. Affermare poi che Melk non era un campo di sterminio è un'offesa ai morti e ai reduci. Come mai proprio l'ANED pubblica cose simili? Io a Melk ho vissuto dal 21 settembre '44 all'aprile '45, data dell'evacuazione per Mauthausen-Ebensee. Posso assicurare che Melk era un campo di stern-únio in piena regola KZ (sottocampo di Mauthausen) e che i periti italiani furono migliaia e non 311. Si legga pure il libro di Vincenzo Pappalettera "Tu passerai per il can-ùno", da pagina 248 in poi; si troverà la foto di Melk "torriba degli italiani che vi perirono a migliaia" (parole dell'autore). Credo che chi scrive o collabora con l'ANED o non ricorda nulla a causa dell'età, o in quei luoghi non c'è mai stato. Prego fare una pubblica smentita.

Cordiali saluti

Enno Mucchiutti

 

 
Nelle illustrazioni la copertina dell'opuscolo sul Lager di Melk, una foto delle gallerie sotterranee e due disegni tratti dal libro.

 


 

 

 


 

 


La risposta di Italo Tibaldi, curatore del libro


Abbiamo chiesto una risposta a Italo Tibaldi, curatore dell'edizione italiana del libretto "incriminato". Caro Mucchiutti,
Ho curato l'edizione italiana della pubblicazione "Guida all'esposizione permanente del memoriale dell'ex campo di Melk, commando di Mauthausen, impianto sotterraneo Quarz" di Bertrand Perz. Si tratta di una edizione realizzata nel 1993 dall'ANED per il 48' anniversario della Liberazione per ricordare i 311 prigionieri italiani che vi persero la vita e rendere omaggio a quelli che riuscirono a sopravvivere. Duemila copie fuori commercio, finanziate dall'assessorato alla Cultura della Provincia di Torino e per le quali l'autore non ha chiesto alcun diritto. Ciò premesso vengo sinteticamente alle risposte alle tue obiezioni. Bertrand Perz, nato a Linz nel 1958, è laureato in storia all'università di Vienna. Da diversi anni, dando prova di un certo coraggio, si è dedicato all'approfondimento della storia documentata del campo di Mauthausen e dei 49 sottocampi. Recentemente è stato nominato perito del tribunale di Vienna nel processo contro i revisionisti del partito azzurro austriaco che intendono "discutere" l'esistenza e la funzionalità della camera a gas di Mauthausen. Proprio in questo periodo si trova a Washington per raccogliere ulteriore materiale originale presso quegli archivi. Secondo le statistiche delle SS i deceduti nel Lager Melk furono in totale 4.891, di cui 302 italiani. L'elenco dei deceduti italiani, accertati in numero di 311 inserito nella pubblicazione, è stato da me ricostruito con rigorosa attenzione e notevole difficoltà. Non è quindi una "menzogna" quella cifra, anche se non ho la presunzione di averli individuati tutti. Tuttavia, se vi sono altri elenchi documentati di compagni deceduti a Melk sarebbe corretto comunicarli, affinché quell'elenco possa essere opportunamente aggiornato. Tu scrivi che "Affermare che Melk non era un campo di sterminio è un'offesa ai morti e ai reduci. Questa estrapolazione crea una infelice frase ad effetto. Sia sull'opuscolo in questione, sia sullo scorso numero di Triangolo Rosso la frase completa suona così: il Lager di Melk non era considerato un campo di sterminio, eppure in appena un anno vi morirono più di 5.000 uomini, stremati dalla denutrizione, dal trattamento bestiale dei carcerieri e dalle atroci condizioni di vita e di lavoro". La classificazione disposta dalle SS è rilevata nei documenti, ed è ormai abbastanza nota per elencare quali campi furono da loro considerati campi di sterminio. Non è una valutazione nostra, e non. ci si può chiedere sull'argomento alcuna auto-giustificazione. I giudizi gratuiti, severi e ingiusti che hanno richiesto altrettante puntuali risposte mi pare siano scaturiti da una lettura perlomeno affrettata della notizia apparsa sul Triangolo Rosso. Una lettera di quel tenore necessiterebbe una risposta globale ben più ampiamente documentata di quella che lo spazio qui mi consente. Sostenere come tu sostieni che "Chi scrive o collabora con l'ANED o non ricorda nulla a causa dell'età o in quei luoghi non c'è mai stato" mi pare un eccesso di presunzione e una prova di insensibilità per il lavoro di tutti gli altri perlomeno sorprendente. Mi vedo costretto a dirti che il ricordo di quell'espenenza non mi ha mai abbandonato (17 anni di età e 18 mesi di campo) anche perché ho continuato nella ricerca dei compagni vivi e di quelli morti. E quando ho temuto per la memoria mi sono rivolto alla documentazione nostra e agli storici. Caro Mucchiutti, noi siamo abituati a vedere la deportazione con gli occhi di chi l'ha subita. Ma oggi c'è il problema della comunicazione di quella dolorosa esperienza, in modo sempre più corretto e documentato. E necessario approfondire l'aspetto storiografico senza scandalo e senza revisionismo. Non si tratta di cedere sui principi, ma di superare in modo intellettualmente onesto un messaggio che forse abbiamo trasmesso in modo troppo semplice. Siamo rimasti realmente in pochi, ma per fortuna esistono alcuni storici che fanno bene il loro mestiere. Conviene lasciarli lavorare anche sulle nostre antiche testimonianze. Certo non voglio e non posso chiudere questa risposta senza un pensiero personale a un compagno con il quale ho condiviso la liberazione del 6 maggio '45 a Ebensee, e poi le peripezie dei rientro nel giugno del 1945. Eravamo noi due, e ieri come oggi avevamo quell-ideni sentire" che ci commosse nel salutarci. Ciao Enno, ti abbraccio

Italo Tibaldi, Mauthausen 42307