La risposta
di Italo Tibaldi, curatore del libro
Abbiamo chiesto una risposta a Italo Tibaldi,
curatore dell'edizione italiana del libretto "incriminato".
Caro Mucchiutti,
Ho curato l'edizione italiana della pubblicazione
"Guida all'esposizione permanente del memoriale dell'ex campo di Melk,
commando di Mauthausen, impianto sotterraneo Quarz" di Bertrand Perz.
Si tratta di una edizione realizzata nel 1993 dall'ANED per il 48' anniversario
della Liberazione per ricordare i 311 prigionieri italiani che vi persero
la vita e rendere omaggio a quelli che riuscirono a sopravvivere. Duemila
copie fuori commercio, finanziate dall'assessorato alla Cultura della
Provincia di Torino e per le quali l'autore non ha chiesto alcun diritto.
Ciò premesso vengo sinteticamente alle risposte alle tue obiezioni.
Bertrand Perz, nato a Linz nel 1958, è
laureato in storia all'università di Vienna. Da diversi anni, dando
prova di un certo coraggio, si è dedicato all'approfondimento della
storia documentata del campo di Mauthausen e dei 49 sottocampi. Recentemente
è stato nominato perito del tribunale di Vienna nel processo contro
i revisionisti del partito azzurro austriaco che intendono "discutere"
l'esistenza e la funzionalità della camera a gas di Mauthausen.
Proprio in questo periodo si trova a Washington per raccogliere ulteriore
materiale originale presso quegli archivi.
Secondo le statistiche delle SS i deceduti nel Lager Melk furono in totale
4.891, di cui 302 italiani. L'elenco dei deceduti italiani,
accertati in numero di 311 inserito nella pubblicazione, è stato
da me ricostruito con rigorosa attenzione e notevole difficoltà.
Non è quindi una "menzogna" quella cifra, anche se non ho la presunzione
di averli individuati tutti. Tuttavia, se vi sono altri elenchi documentati
di compagni deceduti a Melk sarebbe corretto comunicarli, affinché
quell'elenco possa essere opportunamente aggiornato.
Tu scrivi che "Affermare che Melk non era un campo di sterminio è
un'offesa ai morti e ai reduci. Questa estrapolazione crea una infelice
frase ad effetto. Sia sull'opuscolo in questione, sia sullo scorso numero
di Triangolo Rosso la frase completa suona così: il Lager di Melk
non era considerato un campo di
sterminio, eppure in appena un anno vi morirono più di 5.000 uomini,
stremati dalla denutrizione, dal trattamento bestiale dei carcerieri e
dalle atroci condizioni di vita e di lavoro".
La classificazione disposta dalle SS è rilevata nei documenti,
ed è ormai abbastanza nota per elencare quali campi furono da loro
considerati campi di sterminio. Non è una valutazione nostra, e
non. ci si può chiedere sull'argomento alcuna auto-giustificazione.
I giudizi gratuiti, severi e ingiusti che hanno richiesto altrettante
puntuali risposte mi pare siano scaturiti da una lettura perlomeno affrettata
della notizia apparsa sul Triangolo Rosso. Una lettera di quel tenore
necessiterebbe una risposta globale ben più ampiamente documentata
di quella che lo spazio qui mi consente. Sostenere come tu sostieni che
"Chi scrive o collabora con l'ANED o non ricorda nulla a causa dell'età
o in quei luoghi non c'è mai stato" mi pare un eccesso di presunzione
e una prova di insensibilità per il lavoro di tutti gli altri perlomeno
sorprendente. Mi vedo costretto a dirti che il ricordo di quell'espenenza
non mi ha mai abbandonato (17 anni di età e 18 mesi di campo) anche
perché ho continuato nella ricerca dei compagni vivi e di quelli
morti. E quando ho temuto per la memoria mi sono rivolto alla documentazione
nostra e agli storici. Caro Mucchiutti, noi siamo abituati a vedere la
deportazione con gli occhi di chi l'ha subita. Ma oggi c'è il problema
della comunicazione di quella dolorosa esperienza, in modo sempre più
corretto e documentato. E
necessario approfondire l'aspetto storiografico senza scandalo e senza
revisionismo. Non si tratta
di cedere sui principi, ma di superare in modo intellettualmente onesto
un messaggio che forse abbiamo trasmesso in modo troppo semplice. Siamo
rimasti realmente in pochi, ma per fortuna esistono alcuni storici che
fanno bene il loro mestiere. Conviene lasciarli lavorare anche sulle nostre
antiche testimonianze. Certo non voglio e non posso chiudere questa risposta
senza un pensiero personale a un compagno con il quale ho condiviso la
liberazione del 6 maggio '45 a Ebensee, e poi le peripezie dei rientro
nel giugno del 1945. Eravamo noi due, e ieri come oggi avevamo quell-ideni
sentire" che ci commosse nel salutarci. Ciao Enno, ti abbraccio
Italo Tibaldi, Mauthausen 42307
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