Dal diario di Abraham Lewin

Giovedì, 26 marzo 1942 - in mezz'ora solo

Mi sia permesso di citare, a prova e ad illustrazione degli abissi di sventure in cui stiamo sprofondando, la serie di "notizie " che ho ottenuto in mezz'ora solo di passeggiata per le strade del ghetto. Oggi sono uscito all'una del pomeriggio per andare a visitare una persona malata che vive in quella che un tempo era chiamata via Kupiecka, poi Meisels e ora, sotto l'occupazione tedesca è chiamata via Koza. Lì ho incontrato una ragazza sui diciannove o venti anni arrivata oggi dalla cittadina di Wawolnica nel distretto di Lublino. La ragazza mi ha fatto uno spaventoso racconto del massacro compiutovi dai tedeschi domenica scorsa, 22 marzo 1942. Qualche giorno prima un Volksdeutsche difresca data era stato ucciso nel villaggio. Probabilmente erano stati dei polacchi. Ma per i tedeschi questo ha costituito un pretesto sufficiente per attaccare e massacrare un'intera comunità di ebrei. Domenica scorsa sono arrivati tre camion pieni di tedeschi che hanno portato tutti gli ebrei rastrellati, compreso lo Judenrat, nella piazza del mercato dove li hanno fucilati.

Dal momento che molti si erano nascosti in case cristiane, i tedeschi sono andati da ogni famiglia polacca e dovunque trovassero degli ebrei li hanno trascinati fuori e hanno sparato loro sull'uscio di casa. Il numero delle vittime a Wawolnica è stato, approssimativamente, di novanta. Non sono riuscito a fanni dire con chiarezza quanti ebrei vivevano nella cittadina. La ragazza si è limitata a rispondere dicendo che "tutti, tutti gli ebrei di Wawolnica sono stati ammazzati ". Sulla strada del ritorno sono passato per via Nowolipki e mi sono imbattuto in un ebreo che avevo conosciuto prima della guerra e che era arrivato solo da due settimane da Slonim. La breve conversazione che ho avuto con lui ha messo ancora una volta a nudo la terribileferita degli eventi che hanno avuto luogo laggiù. "Proprio davanti a me, davanti ai miei stessi occhi," mi ha detto, "hanno preso madri e bambini e li hanno trucidati. Sono riuscito a fuggire per miracolo. Delle quattro famiglie che vivevano nel mio edificio solo io e un vecchio ebreo siamo sopravvissuti. Vieni a casa con me e ti racconterò l'intera storia. Sono stati massacrati anche tutti gli ebrei di Novaredok [Nowogródekl]". Mi sono messo d'accordo per vederci tra qualche giorno e ho continuato per la mia strada.

Mentre stavo arrivando nella via dove abito, via Nowolipie, ho incontrato un altro conoscente che mi ha riferito numerosi frammenti di notizie che gli erano pervenuti per lettera. Eccoli:

1 - A Purim quest'anno a Zdunska Wola, sono stati presi dieci ebrei e degli altri ebrei sono stati costretti a impiccarli su dieciforche nella piazza del mercato.

2 - Questo è successo anche a Leczyca, che è nello stesso distretto (a quanto pare anche a Biezun).

3 - Tutti gli ebrei di Izbica, nel distretto di Lublino, che erano circa cinquecento, sono stati deportati e 1000 ebrei cechi, che si portavano dietro le loro cose dentro delle valigie, sono stati trasferiti nelle loro case.

Come dice Yehuda Halevi "Possa ora tu, coppa di sangue, essere lentamente svuotata un poco, che le~mie membra e la mia anima sono colme della tua amarezza". E stato davvero un po' troppo per una sola mezz'ora. ( ... )

 


 

Dal romanzo di Simha Guterman

Dalla strada, il sentiero si inerpicava, attraverso i campi, in direzione della foresta. Il sole, già alto nel cielo, mi picchiava sulla testa e il mio zaino mi doleva sulle spalle. Giunto in cima, me ne liberai e, slacciato tutto il giubbotto, mi sedetti al limitare del bosco. Mi rimanevano ancora alcuni chilometri da percorrere. Dal fondo della valle, una dolce brezza profumata di fieno mi accarezzava il petto e il collo. L'abete, al cui tronco ero appoggiato, odorava di resina fresca. Intorno, la foresta emanava i suoi molti profumi. E davanti a me, a perdita d'occhio, si dispiegava un paesaggio ridente di verdi praterie e di tappeti di gemme dorate, immersi nel sole.

Ebbene, anche difronte a quel panorama, il mio sguardo si attardava distratto. Ritornava sempre afissare il medesimo punto, molto lontano, da dove ero venuto, dove le rotaie, con una curva larga, correvano in direzione del ponte sulla Vistola. Là, lungo la linea della ferrovia, da poco si ergevano torrette in legno e posti di guardia muniti di mitragliatrici.

Mi misi in cammino, l'animo preoccupato, il cuore in gola. Ci sarebbe stata o no la guerra? La Germania non stava forse preparandosi a battersi contro il mondo intero? Era insensato, suicida! E se il conflitto fosse stato comunque inevitabile?

Una cerbiatta spaventata sbucò d'improvviso dal bosco attraversando il mio sentiero, e mi distrasse un attimo. I noccioli che costeggiavano il viottolo formavano come una volta. Al di sopra, le fronde si innalzavano verso un cielo completamente limpido. Lontano, un minuscolo ruscello argentato scintillava e una casetta isolata se ne stava, tutta bianca, nel mezzo di una prateria. Chi aveva potuto mai costruirla? Sembrava posta là, come un piccolo cerotto sulla guancia di una ragazzina, o come un giocattolo, dopo la creazione del mondo, dopo che il ruscello era stato contornato dallaforesta e la terra incappucciata da una volta azzurra.

In piedi, immobile, affascinato da questo paesaggio, mi sentivo infimo e miserabile, un granello di polvere, un verme della terra! Pensavo all'avvenire, era oscuro. La tempesta stava per esplodere, e raggiungere questo regno di silenzio e di pace, sconvolgere la quiete degli abitanti di quella casetta, rapirne uno per trascinarlo sulle strade in fiamme dell'Europa e gettarlo in tal modo nella tormenta? Perché? A causa di chi? Questa natura placida e silenziosa rendeva ancor più manifesta lafollia che incombeva minacciosa!

Il sentiero serpeggiava in mezzo alla foresta. Lo conoscevo bene, percorrendolo ogni venerdì per raggiungere la mia famiglia a Sendin, dove trascorreva l'estate. Me ne ritornavo il sabato sera. Ma questa volta, mi sentivo estraneo, smarrito, a metà della settimana, c'era in quei luoghifamiliari qualcosa di insolito che mi sorprendeva: nei dintorni di Sendin, laforesta era generalmente brulicante, animata dalle voci dei vacanzieri, dalle grida dei vicini, dai giochi dei bambini. In una così bella giornata di sole avrebbe dovuto risuonare di voci di gioia. Ebbene, ora sembrava così deserta, come sefosse preda dell'inquietudine. Unico segno di vita: la sedia a sdraio di YankI, il mio fratello infermo, e un'amaca dalla quale spuntava una testa che prese a muoversi. Qualcuno scese dall'amaca e mi corse incontro. Dal passo insicuro, seppi che si trattava di Strach il Pescatore. Anche lui, di lontano, mi aveva riconosciuto. Lo sentivo gridare: - Reb Yankl, c'è un ospite! Il tono era sorpreso ma gioioso. Per l'emozione, dimentic_ di rispondere al mio buongiorno. Non mi lasci_ nemmeno il tempo di salutare mio fratello, mi strinse le spalle, scrut_ il mio sguardo, e grid_:

- Una parola! Sì o no?
- No, per il momento, la guerra non c'è ancora, - risposi.