Le drammatiche testimonianze dei sopravvissuti alla "pulizia etnica"

"Nel campo ogni notte scomparivano degli uomini"

Le testimonianze raccolte da Médecins Sans Frontières non sono riportate nella loro integrità per evitare ripetizioni. Non riportiamo che estratti il cui contenuto è stato riferito da diversi testimoni.

MSF/311
AR è originario di Caracovo, una delle sei frazioni di Brdo.
Suo fratello, 31 anni, muore nel campo di Keraterm il 24 luglio. Sua sorella, 33 anni, è fucilata con i due figli il 25 luglio a Zecovi, Brdo insieme ad altri 29 donne e bambini. La più giovane fra i fucilati aveva un anno e mezzo.
Uno zio, tre cugini, e due nipoti sono ugualmente uccisi dalle milizie serbe.
A Caracovo dal momento della conquista del villaggio 284 persone sono assassinate, 48 scompaiono, 85 sono portate a Trnopolje. Solo 32 ne sono uscite.
Dopo avere condotto AR nel campo i soldati serbi prendono suo figlio HR di 16 anni. I miliziani lo obbligano a saccheggiare le case non distrutte e a indicare loro i nascondigli di armi e denaro. Un giorno i soldati conducono HR su un ponte con un ragazzo della sua età, suo zio di 61 anni e un vicino di 58. Là i due adulti sono costretti a sbattersi la testa uno contro l'altro prima di essere impiccati al ponte sotto gli occhi dei due ragazzi.
AR è internato a Keraterm il 26 luglio. L'indomani alle 9 da 5 a 8 persone sono abbattute. Due notti prima i 230 occupanti della camera 3 di Keraterm erano stati assassinati.
In 11 giorni passati nel campo non si è potuto lavare che una volta.
Subisce a tre riprese violenti pestaggi (da 45 minuti a due ore). E colpito con manganelli, una mazza da baseball, barre di ferro, tubi dell'acqua.
AR è restato nel campo fino alla sua chiusura. Durante gli 11 giorni di detenzione ha perso 11 chili.
Dal 5 agosto al primo ottobre è a Trnopolje. I primi giorni di permanenza nel campo trascorrono allo stesso modo che a Keraterm tra esecuzioni e scomparse. 0gni notte almeno 5 persone sono bastonate. Alcuni soccombono direttamente ai loro aguzzini, gli altri sono abbandonati agonizzanti e poi sepolti vivi.
MSF/302
MH è originario di Kozarac. Fuggito dal villaggio, è arrestato il 9 giugno dai soldati serbi e subito internato a Keraterm. La famiglia resta a Kozarac e subisce persecuzioni e violenze. Tutti devono restare chiusi in casa. I contatti con le altre famiglie sono molto ridotti. Il genero di MH, di 18 anni, è assassinato nel mese di luglio nel corso di una retata. Il resto della famiglia è depredata, la casa è saccheggiata e poi bruciata il 26 giugno. Anche il resto della famiglia è internata a Trnopolje prima di raggiungere Travnik con un convoglio ferroviario.
MH passa 30 giorni a Keraterm e due mesi a Trnopolje.
Nel corso del suo internamento a Keraterm riceve ogni giorno due fette di pane e un po' d'acqua grassa e calda. Racconta che gli succedeva di non ricevere nulla da mangiare anche per due o tre giorni. L'acqua che i prigionieri bevevano era quella dell'officina di ceramica trasformata in lager. Essa era prelevata dalla Sana, un torrente inquinato da molti anni.
MH è ripetutamente bastonato una prima volta. E colpito con dei grossi cavi elettrici e delle assi di legno. Svenuto, è dato per morto e gettato sui cadaveri e sui corpi di prigionieri agonizzanti in seguito ai colpi ricevuti. E' salvato da un prigioniero che si accorge che è vivo e lo trascina in una camera. Là i suoi compagni di prigionia lo curano con delle erbe e con dei pezzi di stoffa bagnati. Dopo 4 ore MH esce dal suo torpore.
Quindici giorni più tardi, è di nuovo bastonato.
MSF/105
"Due mesi prima l'attacco del nostro villaggio c'era diventato impossibile fare la spesa.
In città i commercianti ci dicevano: "Tu sei musulmano, non ti venderò niente".
Un prigioniero del campo di Manjaca e un gruppo di ragazze violentate dai serbi.
MSF/117
"Le assunzioni nelle fabbriche erano riservate ai serbi".
MSF/120
"Noi non avevamo notato niente di anormale tra i nostri vicini serbi. Qualche settimana prima dell'attacco facevamo ancora festa insieme.
Parlavamo della guerra e loro ci rassicuravano dicendoci che non c'era nessun pericolo per noi perché loro erano dei nostri. Poi un giorno li abbiamo visti tirar fuori le uniformi e portare delle armi".
"Verso l'inizio dei mese di aprile non abbiamo più ricevuto altra trasmissione che quella di TV Belgrado. I programmi prevedevano informazioni e canzoni nazionali serbe. Non si parlava d'altro che delle aggressioni dei bosniaci e dei croati e delle loro violenze contro i serbi.
Avrei finito io stesso per crederci se avessi guardato queste trasmissioni ancora a lungo".

Un prigioniero del campo di Manjaca e un gruppo di ragazze violentate dai serbi.

Dopo l'attacco

MSF/109
Il nostro villaggio è stato bombardato e noi siamo fuggiti nel bosco. lo ho condotto i miei bambini con me. Quando sono tornata ho dovuto scavalcare i cadaveri. Ho ritrovato i miei suoceri e siamo rimasti insieme. La notte ci raccoglievamo con altre donne e bambini in una casa. Un miliziano serbo voleva entrare in casa. Mia suocera ha gridato: "Qui ci sono solo vecchie!" E così loro se ne sono andati. Vedevamo i soldati che conducevano le donne in alcune case vuote. Una è entrata con loro alle 9 di sera e non è uscita che all'indomani alle 3 di mattina. Noi non osavamo uscire di casa per paura di farci notare dai miliziani. Quando vedevano una donna che gli piaceva prendevano nota del nome e andavano a prenderla alla sera".
MSF/103
"Le case che non erano bruciate o distrutte erano saccheggiate, oppure vi si installavano i serbi. Rubavano tutto, fino alle prese elettriche. Qualche volta venivano alle mani per appropriarsi delle nostre cose".

Le condizioni nei campi

Le immagini del campo di Manjaca

MSF/118
"Arrivati al campo siamo scesi dal pullman. C'erano due gruppi di miliziani tra il bus e la costruzione dove dovevamo andare. Dovevamo passare fra di loro mentre ci colpivano con i fucili, le mazze e i manganelli".
MSF/201
Il 14 giugno insieme ad altri 43 uomini che si erano nascosti come me nel bosco, sono stato condotto a Keraterm. Non ci davano che due sottili fette di pane da mangiare ed eravamo colpiti tutti i giorni con dei bastoni o altro.
Nel campo ogni notte degli uomini scomparivano. In luglio 4 uomini della mia famiglia, un fratello, due cugini di cui uno di 14 anni e uno zio sono stati ammazzati dall'esercito serbo durante una retata nel loro villaggio".
MSF/203
Il 24 maggio sono stato catturato a Kozarac, quindi trasferito a Keraterm dove sono rimasto due giorni. Di là mi hanno condotto a Omarska. Quando sono stato fatto prigioniero, i serbi ci hanno fatto marciare e ci hanno obbligato a cantare le loro canzoni. Io non conoscevo le parole e allora facevo finta di cantare, perché quelli che non cantavano erano bastonati".
"A Omarska non ci hanno dato niente da mangiare per dieci giorni. In seguito ci hanno dato una scodella di minestra che bisognava bere in un tempo limitato. Se non si mangiava abbastanza in fretta si ricevevano dei colpi.
Molti uomini sono stati torturati, e certi hanno subito delle mutilazioni sessuali. lo stesso sono stato interrogato per farmi confessare delle cose che ignoravo (volevano sapere dov'erano delle armi). Sono stato sospeso per i piedi ad una finestra e in basso un soldato mi puntava addosso un fucile. Infine mi hanno staccato e buttato giù dalle scale. Ho perso conoscenza. Alcuni detenuti mi hanno raccolto. Avevo la mascella rotta e non potevo mangiare".
MSF/214
"Sono stato fatto prigioniero il 26 maggio e subito portato a Keraterm. Anch'io sono stato malmenato. Ci provocavano sempre: i soldati, per esempio, ci puntavano un'arma alla testa o ce l'affondavano in bocca. Se uno cercava di difendersi, sparavano. Non mi sono ammalato, penso che era la paura a mantenerci in vita".
MSF/215
"Ho perso 30 chili durante la detenzione. Sono stato colpito diverse volte fino a perdere conoscenza. Ancora oggi ho forti dolori alle costole e alla mascella, e faccio molta fatica a mangiare. Durante il trasferimento da Omarska a Trnopolje degli uomini sono stati uccisi".
MSF/218
"A Omarska eravamo malmenati tutti i giorni. Ci obbligavano ad assistere alle torture degli altri. Ho visto dei soldati tracciare con un coltello delle croci serbe sulla pelle di un uomo. Non potevamo fare niente per aiutarlo".
MSF/130
"Se uno era malato preferiva nascondersi piuttosto che rischiare di essere ucciso. Un uomo che aveva ricevuto una pallottola in una coscia ha preferito estrarsela da solo piuttosto che rischiare di scomparire".