Bonn - "E
ora, signori, avanti con Dio", borbotta Paul von Hindenburg dopo
aver ricevuto il giuramento del neo-cancelliere Adolf Hitler e degli
altri ministri del governo di coalizione. La decisione non è
stata facile e il vecchio presidente ha ancora qualche dubbio. Ma
il vice-cancelliere von Papen lo rassicura: "Non si preoccupi.
Tra due mesi avremo cacciato Hitler in un angolo".
Mai giudizio
di uomo politico si è rivelato più errato e più
gravido di conseguenze: appena un anno dopo Hlitler, succeduto a Hindenburg,
assumeva il controllo dell'esercito e instaurava la sua ferrea dittatura.
Il 30 gennaio 1933 è una data, come poche, storica, per la
Germania, per l'Europa e per il mondo. Il Terzo Reich, non è
durato, come si illudeva Hitler, mille anni, ma soltanto dodici. Ma
sono stati anni che hanno cambiato la faccia politica della Terra;
e ancor oggi se ne scontano gli effetti.
Soprattutto in questo Paese, dove il cinquantesimo anniversario di
quell'avvenimento non è soltanto: occasione di rievocazione
e di dibattiti, ma è vissuto nell'attualità di una nazione
divisa, di migliaia di famiglie distrutte, di milioni di orfani.
Un convegno a Berlino, una grande mostra, sempre a Berlino (e la scelta
della città del" muro " non è casuale), sulla"
strada verso la dittatura ", trasmissioni televisive, spettacoli
teatrali, libri, articoli di giornale, il tema centrale è sempre
lo stesso: come è potuto succedere? O, per dirlo in un altro
modo, Hitler era evitabile? Egli era, come è stato affermato,
un" corpo estraneo " nella storia tedesca, o invece era
il risultato necessario di un insieme di circostanze politiche, economiche,
e forse, psicologiche? Insomma, egli è stato un fattore di
rottura o di continuità nella vita di questo popolo?
L'anniversario ha aperto una discussione che ha acquistato una riIevanza
particolare per il momento che attraversa oggi la Repubblica Federale
Tedesca, travagliata dalla crisi economica, specialmente dalla disoccupazione,
e minacciata dall'instabilità politica: la concomitanza con
le elezioni di manzo ha fatto sì che i tedeschi si interroghino
su se stessi e che, dal passato, traggano indicazioni per il presente.
La domanda sulla" evitabilità" di Hitler si trasforma
in quella, più angosciosa: è possibile oggi una nuova
catastrofe simile a quella di cinquant'anni fa?
L'atteggiamento verso il nazismo è una pietra di paragone per
questo popolo. Esso non è mutato sostanzialmente nel corso
degli anni: la" rimozione " di Hitler dalle coscienze non
ha permesso sinora di affrontare il problema della sua realtà
storica e delle responsabilità collettive.
La stessa ampiezza della tragedia ha impedito che se ne cogliessero
gli aspetti quotidiani: il nazismo è diventato, nella mentalità
dei tedeschi d oggi, un fenomeno cosmico, dominato da forze incontrollabili.
La stessa" demonizzazione " fatta in Occidente dei suoi
protagonisti ha ostacolato la comprensione della sua vera natura.
Giustamente Hanna Harendt si lamentava che Eichmann fosse stato presentato
come un" mostro " anzichè come l'espressione della
" normalità " nazista.
Negli ultimi anni c'è stato da parte dei grandi mezzi di informazione
il tentativo di riesaminare il fenomeno del nazismo e dei suoi legami
con la società. Oltre alle rievocazioni sulla guerra o sulla
" Europa sotto la croce uncinata " e alle serie romanzate
come" Olocausto ", la televisione ha messo in onda numerose
trasmissioni sulla vita nella Germania dell'epoca che rivelano uno
sforzo di approfondimento. Ma le reazioni del pubblico, talvolta irritate,
più spesso sorprese dimostrano quanto ci sia ancora da fare.
L'organizzatore della mostra di Berlino, Wilfred Bruchhauser, ha messo
il dito sulla piaga quando ha osservato che" le generazioni più
anziane hanno dimenticato il nazismo e quelle più giovanì
non l'hanno mai conosciuto ". La maggior parte della popolazione
tedesca è nata dopo la guerra e non sa esattamente che cosa
sia successo ai tempi di Hitler, e soprattutto perché al silenzio
imbarazzato dei padri, si aggiunge la reticenza di una scuola che
non ha ancora deciso come affrontare il problema.
Non è raro il caso di insegnanti che attribuiscono la responsabilità
storica di Hilter alle potenze occidentali o di studenti che dubitano
della gravità dello sterminio degli ebrei, quando addirittura
non ci scherzano sopra.
Questa differenza generazionale si avverte nelle manifestazioni neonaziste
che sporadicamente avvengono in Germania. Da una parte ci sono i nostalgici,
per la maggior parte veterani di guerra, come quelli che ai primi
di gennaio hanno commemorato a Monaco la morte dell'asso dell'aviazione
hitleriana, Rudel.
Dall'altra stanno invece i giovani estremisti di destra, per cui il
nazismo è un elemento di aggregazione e un utile dispensatore
di simboli: ad essi vanno attribuiti gli atti di vandalismo nei cimiteri,
che anche di recente sono avvenuti a Norimberga, le scritte sui muri,
le dimostrazioni xenofobe dove i turchi hanno preso il posto degli
ebrei.
Da questi episodi, e da altri più gravi, di vero e proprio
terrorismo, è nato l'allarme circa una ripresa del nazismo
in Germania. Ma i timori appaiono esagerati L'estremismo di destra
non ha forze e strutture sufficienti per mettere in pericolo le istituzioni
democratiche: il" partito neonazista " conta appena qualche
migliaio di membri e ancor meno sono i seguaci delle altre organizzazioni,
dal "Gruppo d'azione tedesco" di Roeder, condannato l'anno
scorso a 13 anni di prigione per omicidio, al "Gruppo sportivo
paramilitare Hoffmann", imputato dell'eccidio compiuto a Monaco
nell'ottobre 1980.
I pericoli sono diversi e si ricollegano alla difficile situazione
che attraversa oggi la Repubblica Federale tedesca. Nel corso del
convegno di Berlino e delle altre manifestazioni sul cinquantesimo
anniversario dell'avvento di Hitler è stato messo in risalto
che le cause del nazismo andavano soprattutto individuate nella crisi
economica, nell'instabilità politica, nell'isolamento internazionale
in cui si trovava allora la Germania: fenomeni che anche in altri
Paesi, e in primo luogo in Italia, avevano visto affermarsi dei regimi
di destra. Qualche oratore ha fatto osservare che fenomeni analoghi,
anche se meno pronunciati, esistono nella realtà tedesca attuale.
Bonn come Weimar? La domanda, sempre latente in questo Paese, è
tornata oggi in primo piano. Si sottolineano le analoghe; l'alto tasso,
di disoccupazione, il fallimento della cooperazione tra socialdemocrazia
e centro liberale, il succedersi dei governi e delle elezioni. Ma
più importanti sono le differenze.
L'economia è oggi più solida e dà già qualche
segno di ripresa; tutti i maggiori partiti sono impegnati nella difesa
della democrazia e né l'esercito né la grande industria
nutrono più ambizioni totalitarie; il recente cambio di governo
non ha messo in crisi il sistema; infine la Repubblica Federale è
parte integrante dell'Alleanza occidentale e, nonostante le sue attuali
tentazioni neutraliste, nulla la indurrà ad abbandonarla.
Da che cosa provengono allora i dubbi e le incertezze che in questi
tempi assalgono i tedeschi? L'anniversario hitleriano, invece di metterli
a tacere, esaltando le diferenze fra la situazione di allora e quella
odierna, li ha accentuati.
Ha dichiarato Bruchhauser:" Abbiamo eretto delle strutture democratiche,
ma i pericoli di una loro distruzione non sono scomparsi ". E
anche un giornale con i piedi per terra come la" Frankfurte Allgemeine
" afferma che il rifiuto del paragone fra Bonn e Weimar, più
che una convinzione razionale," è soprattutto una speranza
".
Si rivelano, in questi atteggiamenti, i complessi di colpa di un popolo
che, per non aver voluto affrontare il passato, non è stato
capace di superarlo. Il nazismo, ricacciato nell'inconscio, ha creato
una psicosi da cui finora i tedeschi non sono riusciti a liberarsi:
soltanto affrontando il problema senza pregiudizi e senza paure essi
potranno collocarlo nella giusta prospettiva e cessare di esserne
condizionati. E' quello che hanno cominciato a fare negli ultimi tempi
e se l'anniversario del 30 gennaio contribuirà a questo processo
di liberazione esso non sarà passato invano.
Ma la ricorrenza potrà servire anche allo scopo opposto, cioè
a sfatare l'illusione che il nazismo sia irripetibile. Leggendo le
cronache dell'epoca, rievocate in questi giorni dalla stampa tedesca,
si rimane stupiti nel constatare come pochi, allora, si rendessero
conto della gravità di quello che stava succedendo: non soltanto
von Papen o gli ambienti di centro-destra, ma gli stessi socialdemocratici
e i comunisti non riuscivano a immaginare l'enormità della
tragedia verso cui si stava avviando la Germania. La profezia del
giornalista Hubertus Lowenstein, secondo cui in quel giorno di gennaio
del 1933" è cominciata la seconda guerra mondiale ",
è caduta nel vuoto.
Cinquant'anni dopo, l'anniversario hitleriano ha dunque per il popolo
tedesco una doppia funzione: quella di una presa di posizione e quindi
di un superamento del fenomeno nazista, e quella di un monito rivolto
a tutte le forze politiche.
Bonn non è Weimar ma potrebbe diventarlo se , in una peggiorata
situazione economica e politica, i tedeschi non si rendessero conto
dei pericoli e non fossero capaci di affrontarli con la necessaria
fermezza.
PIETRO SORMANI