Permessi sul lavoro

Sono disciplinati dall'art. 33 legge 104/1992, dagli art. 19 e 20 della legge n. 53/2000, dalla L. 338/200 art. 80, dal D.L. 151/2001.
Chiarimenti sui testi legislativi sono stati dati dall'INPS con la circolare n. 133 del 17/7/2000, con la Circolare n. 64 del 15/3/2001 e con la Circolare n. 138 del 10/7/2001.


La condizione fondamentale per la fruizione delle agevolazioni è che la persona handicappata che necessita di assistenza versi in situazione di gravità, secondo quanto previsto dall'art. 3, c. 3° della legge n. 104/1992: "Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità". L'accertamento della situazione di gravità è fatto dalle commissioni mediche ASL di cui alla Legge n. 295/1990, come integrate ai sensi della 104 stessa (vedi: "Certificazione di gravità dell'handicap").

Permessi per il lavoratore handicappato grave maggiorenne (art. 33, comma 6, Legge n. 104/1992 e Legge 53/2000)
La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità che lavori può fruire dei permessi di 2 ore giornaliere o in alternativa dei permessi di tre giorni mensili.
Sono esclusi i lavoratori a domicilio, i lavoratori domestici e i lavoratori agricoli occupati a giornata.

L'INPS ha chiarito che il tipo di permesso richiesto (a giorni od a ore), può essere senz'altro cambiato da un mese all'altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo avanzata, e non, in linea di massima, nell'ambito del singolo mese di calendario. Precisa che la variazione può essere eccezionalmente consentita, anche nell'ambito di ciascun mese, nel caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise, non prevedibili all'atto della richiesta di permessi, esigenze che, peraltro, devono essere opportunamente documentate dal lavoratore.

Permessi per l'assistenza del figlio minore di età inferiore ai tre anni (art. 33, comma 1 e 2, Legge n. 104/1992)
La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto, anche adottivi, che assistono un figlio minore con handicap grave hanno diritto al prolungamento fino al terzo anno di vita dell'astensione facoltativa dal lavoro (di cui all'art. 7 della Legge n. 1204/1971).
In alternativa al prolungamento dell'astensione facoltativa, hanno diritto a due ore di permesso giornaliero retribuito, sempre fino ai tre anni del bambino.

L'astensione facoltativa dal lavoro prevede una retribuzione ridotta al 30%, a condizione che il minore non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti autorizzati e che l'altro coniuge sia lavoratore dipendente (a meno che, pur non essendo dipendente, sia ricoverato o trattenuto in casa per gravissima malattia).

Il genitore lavoratore può quindi fruire del prolungamento dell'astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai tre anni di età del bambino nonché dei giorni di permesso mensili dopo i 3 anni e fino ai 18, anche qualora l'altro genitore non abbia diritto a tali benefici (perché, ad esempio è casalingo/a, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo, ecc...).

Non si richiede che il genitore presti l'assistenza in forma continuativa ed esclusiva: si conferma in ciò il regime anteriore che non richiedeva la convivenza del genitore con il minore handicappato.

I giorni di permesso possono essere usufruiti dai genitori (di figli minorenni) alternativamente, ma il numero massimo mensile (3 gg.) può essere ripartito tra i genitori stessi, anche con assenze contestuali dal rispettivo lavoro (ad esempio, madre 2 gg., padre 1 giorno, anche coincidente con uno dei due giorni della madre). L'alternatività, in sostanza, si intende riferita solo al numero complessivo dei giorni di riposo fruibili nel mese (tre).

Per quanto riguarda le due ore di permesso (fruibili fino al 3° anno di vita del minore handicappato grave), la loro fruizione è compatibile con quella dei riposi per allattamento (consistenti in due ore al giorno, fino al 1° anno di vita).

4. Permessi per l'assistenza del figlio di età superiore ai tre anni e maggiorenne (art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992)
Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, i genitori (alternativamente), hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa. Il permesso spetta anche dopo il raggiungimento della maggiore età del figlio.

Non è richiesto il requisito della convivenza con l'handicappato da assistere per il genitore di figlio handicappato maggiorenne o per il familiare di persona handicappata (ferma restando la condizione di non ricovero dell'handicappato). Si richiede tuttavia in questo caso che l'assistenza sia continua ed esclusiva, requisiti che devono sussistere contemporaneamente.

_________________
Pubblichiamo qui di seguito alcune precisazioni contenute nelle Circolari INPS:
- la "continuità dell'assistenza" consiste nell'effettiva assistenza del soggetto handicappato, per le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore, genitore o parente del soggetto stesso, per il quale vengono richiesti i giorni di permesso. Pertanto la continuità di assistenza non è individuabile nei casi di oggettiva lontananza delle abitazioni, lontananza da considerare non necessariamente in senso spaziale, ma anche soltanto semplicemente temporale.
La "esclusività dell'assistenza" va intesa nel senso che il lavoratore richiedente i permessi deve essere l'unico soggetto che presta assistenza alla persona handicappata: non sussiste esclusività quando il soggetto handicappato (non convivente con il lavoratore richiedente), risulta convivere, a sua volta, in un nucleo familiare in cui sono presenti lavoratori che beneficiano dei permessi per questo stesso handicappato, ovvero soggetti non lavoratori in grado di assisterlo.
Se il lavoratore richiedente i permessi è convivente con la persona handicappata continua ad essere implicito - anche tenendo conto dei criteri enunciati dal Consiglio di Stato con parere n. 784/95 - che ai fini della concessione dei permessi non debbano essere presenti nella famiglia altri soggetti che possano fornire assistenza. In merito all'impossibilità di assistenza da parte del familiare non lavoratore, l'INPS, oltre ai motivi obiettivamente rilevanti già precedentemente indicati (grave malattia; presenza in famiglia di più di tre minorenni; presenza in famiglia di un bambino di età inferiore a sei anni; necessità di assistenza anche in ore notturne e anche da parte del lavoratore), elenca una serie di ulteriori motivi di impossibilità di assistenza da parte di soggetti non lavoratori conviventi con il soggetto handicappato, in presenza dei quali, quindi, al lavoratore (genitore o parente o affine entro il 3° grado, convivente o meno con l'handicappato) possono essere riconosciuti i permessi, senza necessità di valutazioni medico-legali;
- riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100% (quali le pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate);
- riconoscimento, da parte dell'INPS o di altri Enti pubblici. di pensioni, o di analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le pensioni di invalidità civile, gli assegni di invalidità INPS, le rendite INAIL e simili), che individuino, direttamente o indirettamente, una infermità superiore ai 2/3;
- età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui il familiare non sia studente); - infermità temporanea con ricovero ospedaliero;
- età superiore ai 70 anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta; per gli invalidi di età inferiore ai 70 anni, possono essere applicati i criteri di cui al capoverso successivo. Altri motivi di carattere sanitario, debitamente documentati, del familiare non lavoratore, come ad esempio le infermità temporanee che non diano luogo a ricovero ospedaliero, dovranno essere valutati dal medico di Sede al fine di stabilire se e per quale periodo, in relazione alla natura dell'handicap del disabile nonché al tipo di affezione del familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per quest'ultimo, di prestare assistenza.
Inoltre un ulteriore motivo di impedimento all'assistenza da parte del familiare non lavoratore convivente con la persona handicappata può essere quello determinato dalla mancanza di patente di guida del non lavoratore; motivo valido, peraltro, solo se il lavoratore documenta la necessità di trasportare, nei giorni richiesti, il figlio o parente handicappato per visite mediche, terapie specifiche e simili e dichiara l'impossibilità di far trasportare la persona handicappata da altri soggetti conviventi non lavoratori, in quanto sprovvisti di patente di guida. Per ulteriori chiarimenti su questo punto ci sono del le precisazioni nella circolare dell'INPS n. 138 del 10/7/2001.

5- Congedi straordinari
La Legge 388/2000, art 80, comma 2 istituisce congedi straordinari "per gravi e documentati motivi familiari". Ai genitori o, in caso di loro decesso, fratelli o sorelle conviventi di soggetti handicappati in situazione di gravità, a prescindere dalla minore o maggiore età, spettano congedi "straordinari" indennizzabili per la durata massima complessiva di 2 anni nell'arco della vita lavorativa.
I requisiti per poter godere di tali congedi sono i seguenti:
  • il primo requisito è che il soggetto sia in situazione di gravità, accertata da almeno 5 anni decorrenti dalla data del rilascio del relativo attestato da parte della apposita Commissione Medica (art. 4, 1, Legge 104/92) della competente ASL, salvo che nello stesso sia indicata una diversa decorrenza. La circolare INPS n. 138, 10/7/2001, precisa che anche secondo orientamenti ministeriali tale diversa decorrenza, rispetto alla data di rilascio dell'attestato, può essere individuata soltanto nella data della domanda di riconoscimento della gravità dell'handicap (non sono ammissibili dichiarazioni di pre-esistenza di gravità dell'handicap rispetto alla data della domanda). Il soggetto deve inoltre avere titolo a fruire dei benefici di cui all'art. 33, Legge 104/92
  • questo congedo straordinario spetta in via alternativa alla madre o al padre e quindi non può essere utilizzato contemporaneamente da entrambi i genitori
  • per i genitori non è richiesta la convivenza con il figlio
    - spettano al genitore lavoratore anche quando l'altro genitore non svolga attività lavorativa, a prescindere dalla minore o maggiore età del figlio portatore di handicap grave. Nel caso di figlio maggiorenne non convivente, occorre che l'assistenza sia prestata in via continuativa ed esclusiva.
I congedi suddetti, per i lavoratori dipendenti da privati datori di lavoro, sono indennizzati dall'INPS nella misura dell'ultima retribuzione, con un massimo di 70 milioni annui per le assenze di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2002, sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Per le assenze di durata inferiore il massimo indennizzabile è proporzionalmente ridotto.
L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.

La domanda deve essere presentata su apposito modulo ottenibile presso l'INPS e va prodotta in due copie, una delle quali deve essere restituita a vista all'interessato. Sulla domanda deve essere indicato il periodo di congedo. In caso di modifica di tale periodo deve essere presentata una nuova domanda rettificativa.
Alla domanda va allegata la documentazione, anche in copia dichiarata autentica, relativa al riconoscimento della gravità dell'handicap, con dichiarazione di responsabilità relativa al fatto che nel frattempo non sono intervenute variazioni nel riconoscimento della gravità dell'handicap stesso, ed impegno a comunicare qualsiasi variazione.

6- Permessi per l'assistenza di parente o affine (art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992)
I tre giorni di permesso mensile spettano altresì a colui che assiste con continuità una persona con handicap grave, parente o affine entro il terzo grado. Nella formulazione originaria della legge n. 104 si richiedeva il requisito della convivenza: anche in questo caso, tale requisito, come vedremo, è venuto meno.
Il diritto dei parenti e affini è subordinato alla condizione che non vi siano né padre, né madre della persona handicappata, o che, se vi sono, siano impossibilitati ad assistere il bisognoso e non vi sia altro familiare non lavoratore in condizione di prestare assistenza.

7- Scelta della sede e trasferimenti (art. 33, commi 5 e 6, Legge n. 104/1992)
La persona handicappata maggiorenne ovvero il genitore o il familiare (che assista con continuità un parente o un affine entro il 3° grado, handicappato grave) ha il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito in altra sede senza il suo consenso.
Nel caso di genitore o familiare, l'originaria formulazione della Legge n. 104 richiedeva il requisito della convivenza con l'handicappato.
Anche in tema di scelta della sede e trasferimenti la Legge n. 53 (art. 20) ha eliminato il requisito della convivenza per il genitore o il familiare che intenda usufruire delle agevolazioni in questione.

8- Contributi figurativi
La Legge n. 53 (vedi art. 19) precisa che i tre giorni di permesso mensili (di cui al 3° comma. art. 33, Legge n. 104) sono coperti da contribuzione figurativa (sono quindi conteggiati ai fini pensionistici).
I permessi di due ore giornalieri (di cui al 2° comma, art. 33, Legge n. 104) risultano ora coperti da contribuzione figurativa, riscattabili, oppure possono formare oggetto di versamenti volontari (art. 10 Legge n. 1203/1971 modificato dalla Legge n. 53).
L'art. 80, punto 3 della Finanziaria 2001 prevede: "A decorrere dall'anno 2002, ai lavoratori sordomuti di cui all'art. 1 della Legge 26 maggio 1970 n. 381, nonché agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74% o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 23 Dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981 n. 384, e successive modificazioni, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva, il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa."
Si attendono sul punto le precisazioni contenute nelle circolari applicative.
 
Sommario